12 modi per utilizzare al meglio l’ENPAP
Molti colleghi mi scrivono per informazioni specifiche su ENPAP: sulla maternità, sui contributi da versare, sul riscatto degli anni di laurea e altro ancora.
Spesso emerge che non conoscono tutte le possibilità offerte dagli enti di previdenza. Il sito di ENPAP, che abbiamo completamente rinnovato da circa un anno e di cui ho personalmente seguito la progettazione, è costruito proprio in questa logica: mettere in primo piano, con semplicità e chiarezza, l’intera panoramica dei servizi.
Qui ne scelgo 12, divisi per fasi della vita. Un mio piccolo contributo per sfruttare al meglio le potenzialità della nostra previdenza di categoria.
AVERE FIGLI
(1) Per chi diventa madre, la forma principale di aiuto è l’indennità di maternità. Prevista dalla legge (D.Lgs. 151/2001, in particolare art. 70 e successivi) ed erogata allo stesso modo per tutte le libere professioniste, consiste in un aiuto economico di circa 5000 Euro al minimo, che cresce in proporzione al reddito. Per chi avrà figli per gravidanza, affido preadottivo e adozione, questa è la prima cosa da chiedere. In questo articolo di Roberta Cacioppo (AltraPsicologia) vengono approfondite le caratteristiche dell’indennità di maternità.
(2) In ENPAP abbiamo poi introdotto un contributo alla genitorialità e paternità, perché riteniamo che avere figli sia un valore per la società e che anche i padri debbano essere agevolati . Il contributo oggi è di 1000,00 Euro, è aperto anche alle coppie omosessuali – una scelta di campo ben precisa – ed è spiegato meglio in QUESTO ARTICOLO.
(3) Da poco c’è il famoso ‘pacchetto gravidanza’: un set di esami diagnostici del valore di circa 2000 euro che comprende 4 ecografie (compresa la morfologica), le analisi, uno a scelta fra amniocentesi, villocentesi o Harmony test, visite di controllo ostetrico ginecologiche, ecocardiografia fetale, visita di controllo ginecologico post parto, 2 visite urologiche, 1 ciclo di prestazioni fisioterapiche riabilitative del pavimento pelvico post parto e 3 colloqui psicologici post parto. Il tutto è gratuito per le colleghe iscritte ENPAP ed estendibile alle partner non iscritte ENPAP con un’integrazione di circa 40 euro. Anche in questo caso, fruibile dalle coppie omosessuali. Ne ho scritto in QUESTO ARTICOLO.
Le normative per i lavoratori prevedono altre forme di assistenza, di cui spesso i colleghi mi chiedono, e che però non sono applicabili ai liberi professionisti ma solo ai lavoratori dipendenti. Si tratta di congedi parentali e simili, e ne ho scritto in QUESTO ARTICOLO.
Non mi stancherò mai di sfatare un pregiudizio comune, purtroppo alimentato anche da figure importanti ma poco informate: per le psicologhe, una maternità non rappresenta la fine della carriera, ed anzi è correlata ad una migliore evoluzione dei redditi. Non ne conosciamo il motivo, ma i dati statistici sulla popolazione intera degli psicologi ci dicono questo. Ne ho scritto QUI.
LA PENSIONE E I CONTRIBUTI
La pensione nasce dai contributi che versiamo, in particolare dal contributo soggettivo del 10% sul reddito netto che versiamo ogni anno. Questa è la premessa di tutto. Ai versamenti si aggiungono interessi, tassi precontati, coperture dall’inflazione, e in questo modo il nostro risparmio previdenziale aumenta senza che noi dobbiamo fare nulla. In QUESTO ARTICOLO ho sintetizzato quello che c’è dentro una pensione, perché mi sono accorto che nemmeno i colleghi più informati lo sanno.
(4) Capita spesso che gli psicologi iscritti ENPAP abbiano lavorato in vari posti. Pensiamo ai lavori stagionali durante l’università, a quei due anni in comunità terapeutica come operatore o anche come commessa, insegnante e simili. Una cosa interessante da fare è sapere quanti e quali sono questi versamenti, e valutare se è il caso di metterli tutti quanti insieme in ENPAP. Il meccanismo per fare questa operazione si chiama RICONGIUNZIONE. Si tratta di un modo per ottimizzare la propria posizione previdenziale, evitando di lasciare in giro contributi già versati e di cui magari non ci si ricorda. Va considerato che spesso i periodi di contribuzione spezzettati o brevi (meno di 5 anni) non danno diritto a pensione. In ENPAP interpretiamo la norma restituendo l’intera somma versata in unica soluzione, ma in altre gestioni i contributi vengono semplicemente incamerati. Ecco, la ricongiunzione è un modo per portarli in ENPAP, vederli sul proprio conto e farli fruttare trasformandoli in aumento della pensione. Di ricongiunzione e totalizzazione ho parlato in QUESTO ARTICOLO del portale AssicuriamociBene.
(5) Ultimamente anche il riscatto degli anni di laurea è tornato in auge. Spesso si pensa che chiedendolo in ENPAP si possa anticipare l’età di pensionamento. In realtà non è così e lo spieghiamo chiaramente nell’informativa sul sito ENPAP. L’età di pensionamento per gli psicologi liberi professionisti resta uguale: dai 65 anni in poi. Quello che cambia con il riscatto degli anni di laurea è solo la quantità di contributi versati, che è la base per il calcolo della pensione. Come si può facilmente intuire, a questo punto il riscatto degli anni di laurea corrisponde in tutto e per tutto a fare versamenti aggiuntivi aumentando volontariamente il contributo soggettivo di una quota compresa fra il 10% e il 20% del reddito netto annuo.
(6) Per versare in modo del tutto personalizzato i contributi soggettivi, anche in base ai vantaggi fiscali che si vogliono ottenere, da pochissimo abbiamo voluto introdurre la possibilità di versare una percentuale a scelta fra il 10% e il 20%, con incrementi di un punto percentuale. Potrai quindi versare l’11%, 12%, 13% e via dicendo (Regolamento delle attività di Previdenza, art. 3 comma 1 bis). La modulazione del contributo soggettivo può essere molto utile per chi ha prodotto un reddito elevato nel corso di un anno, e vuole abbattere il reddito ai fini IRPEF: dato che i versamenti sono interamente deducibili dal reddito in regime ordinario o semplificato, è un buon modo per mettere sul proprio conto di risparmio previdenziale i soldi che altrimenti finirebbero comunque in imposte sul reddito.
(7) Dei vantaggi fiscali connessi alla previdenza, sia per ENPAP che per una eventuale forma di previdenza complementare, ho scritto in QUESTO ARTICOLO.
(8) Infine, dal 2015 abbiamo introdotto la possibilità di versare i contributi con F24: oltre ad essere comodo, questo metodo permette di usare i crediti di imposta che potremmo avere accumulato dopo qualche anno di redditi bassi e spese elevate. Ne ho parlato in QUESTO ARTICOLO.
LA MALATTIA E L’INVALIDITA’
(9) La principale forma di protezione per la malattia per gli iscritti ENPAP è l’indennità di malattia. Ne ho parlato in dettaglio in QUESTO ARTICOLO. Nell’articolo c’è anche un confronto fra la nostra tutela e quella degli altri professionisti e dei lavoratori dipendenti, da cui emerge che la nostra assistenza è una fra le migliori negli enti dei liberi professionsti. Ovviamente si può ancora migliorare, e siamo già al lavoro per farlo: abbiamo fra i nostri progetti una riforma dell’indennità di malattia che ci permetta di tutelare anche quei percorsi di patologia inusuali, ricorrenti, ma discontinui come alcune forme tumorali o le malattie croniche con recidive periodiche.
(10) Quando la malattia si prolunga e produce effetti permanenti sulla capacità di lavorare si parla di invalidità e inabilità. Nel primo caso le capacità lavorative sono ridotte, nel secondo sono nulle e quindi vi è la cessazione dell’attività professionale. In entrambi i casi, viene erogato un contributo economico permanente. Vorrei spendere due parole su invalidità e inabilità all’interno di ENPAP: nel corso del 2014-2015 siamo intervenuti per ottimizzare questa forma di assistenza: abbiamo rivisto la procedura per renderla più snella ed efficace, e riscritto interamente il Regolamento per Invalidità e Inabilità per renderlo più chiaro e orientato agli interessati. Di invalidità e inabilità in generale, quindi anche per non psicologi, ho scritto in QUESTO ARTICOLO.
(11) Infine, una menzione a parte merita EMAPI. Il consorzio di enti di previdenza storicamente voluto e fondato da noi psicologi oggi è in grado di offrire una gamma molto ampia di protezione attraverso l’assistenza sanitaria integrativa. Chiunque di noi abbia avuto esperienza di gravi malattie in famiglia sa quanto è importante poter accedere con serenità e rapidità ad esami diagnostici, magari anche ulteriori rispetto a quelli offerti nel SSN pubblico e in tempi molto brevi. L’assistenza sanitaria integrativa serve a questo: ad accedere gratuitamente a esami e cure in regime privato, con tempi adeguati a trattare al meglio la malattia e non dettati dalla burocrazia. L’Assistenza sanitaria di EMAPI è spiegata qui.
IL FUNERALE.
(12) Già, arriva pure questo momento. Non è una nota allegra. A mia moglie ho detto che in caso di necessità, potrà organizzarmi un lussuoso funerale: ENPAP copre le spese fino a 7.500 Euro. Credo sia la forma di assistenza che nessuno vorrebbe mai usare, ma dato che c’è è utile avvisare per tempo i familiari. Unica avvertenza: non è possibile acquistare preventivamente il cofano e farsi rimborsare, come ebbe a chiedermi un paio d’anni fa un collega 8-(
LE PROSPETTIVE FUTURE.
Ci sarebbe molto da dire: in ENPAP stiamo lavorando per un sostegno al lavoro e alla professione che va oltre le forme dirette di assistenza, che si spinge alla formazione e allo sviluppo di nuovi modi di essere psicologi. Fa parte di un progetto più ampio di sfruttare la previdenza di categoria, che svilupperà conseguenze positive negli anni a venire.
Ma intanto, penso sia importante usare al meglio ciò che abbiamo già.. Dal 2013 in poi, abbiamo cercato di creare un nuovo ENPAP, fortemente orientato agli iscritti e alla comunità degli psicologi. Un ENPAP che ti facilita la vita.
Il lavoro da fare è ancora molto e ti invito a dare il tuo contributo: sono a disposizione insieme ai colleghi di Altrapsicologia per raccogliere suggerimenti, critiche e opportunità.
Articolo utilissimo
Ringrazio per le informazioni ricevute,
e nel contempo vorrei chiedere se sia possibile riscattare in qualche modo gli anni a rapporto professionale, effettuati per altro presso le allora USSL, antecedenti l’istituzione della cassa previdenziale. Siamo in molti psicologi ad aver perso quegli anni ai fini pensionistici e sarebbe molto interessante trovare una soluzione al problema, alcuni ricorsi in passato sono stati persi ma magari oggi è possibile rivalutare la situazione.
Grazie attendo un cortese riscontro Lorella Caprioli
Certo, è possibile riscattare gli anni di lavoro come psicologi che siano precedenti all’istituzione dell’ENPAP, ma con i medesimi meccanismi del riscatto degli anni di laurea: di fatto, versando contributi per quegli anni, senza però produrre un anticipo dell’età pensionabile.
Tuttavia, per chi ha lavorato in anni precedenti la nascita di ENPAP, la prima cosa da verificare è la presenza di contributi versati – spesso all’insaputa del lavoratore – e finiti in INPS o in qualche gestione particolare. L’Italia purtroppo ha avuto negli anni una normativa previdenziale con ampie modificazioni e senza una strategia di lungo termine, e questo ha generato prassi numerose, stranezze e situazioni particolari.
Le informazioni sul riscatto di anni di laurea e lavoro sono qui:
http://www.enpap.it/come-fare-per/riscattare-anni-di-studio-o-di-lavoro/
Le informazioni per chiedere la valutazione dei contributi versati in passato e la ricongiunzione sono qui:
http://www.enpap.it/come-fare-per/totalizzare-e-ricongiungere/
caro collega,
purtroppo sono pensionato Enpap(oni) alla modica cifra di 27 euro mensili, tanto che ricevo il munifico emolumento ogni tre mesi.
Mi meraviglia che non hai risposto alla mia precedente nella quale ti esponevo il problema e chiedevo il tuo aiuto.
Logico che Voi nuovi amministratori state facendo di tutto per tamponare le falle,ma gli investimenti fasulli(americanate e titoli tossici) palazzi che d’incanto si acquistano al doppio del valore di un’ora prima.I miei diecimila euro di contributi versati avrebbero reso certamente di più in mano a oculati investitori. Avevo rinunciato a questa miseria, ma non era possibile, avevo chiesto la restituzione, ma figurati..se li erano già mangiati.
Ciao, non ho trovato tue mail precedenti: io rispondo a tutti. Probabilmente non mi è arrivata ma provvedo ora. La tua pensione è bassa perché il tuo montante di 10.000 euro è basso e tu probabilmente hai avuto una carriera contributiva di pochi anni. Purtroppo il sistema contributivo è spietato: essendo concepito per dispiegare i suoi effetti su un ciclo contributivo intero (35-40 anni) e per essere in equilibrio matematico complessivo (il totale delle pensioni non deve mai superare il totale dei contributi+rendimenti su una previsione di 50 anni), non è sicuramente adatto a generare pensioni per carriere brevi e – quindi – per montanti troppo bassi.
Rispetto agli investimenti: chi mi ha preceduto ha compiuto investimenti che non condivido assolutamente (oltre questo eufemismo non dico altro). La prima cosa che abbiamo fatto al nostro ingresso in ENPAP, dopo aver tamponato il più possibile le falle, è stato istituire un processo decisionale in materia di investimenti che fosse tracciabile, efficace e redditizio. Oggi abbiamo un sistema di investimento che si avvale dei migliori gestori selezionati a livello mondiale. Forse hai perso questo articolo mio apparso sul sito di ENPAP in cui spiego la piattaforma di investimento che viene utilizzata oggi:
http://www.enpap.it/news/2016/02/investire-nostri-risparmi-la-nuova-piattaforma-enpap/
Che poi questo si traduca automaticamente in rendimento dei contributi, no: attualmente puoi macinare rendimenti a due cifre come ente di previdenza, ma per una norma statale oggi del tutto inattuale, il rendimento attribuito ai contributi versati non viene stabilito in base al rendimento degli investimenti, ma dall’ISTAT. Uguale per tutti, e proporzionale alle variazioni del PIL italiano.
Tutti gli enti di previdenza stanno forzando il meccanismo, ci sono ricorsi e sentenze, la battaglia è aperta e in ENPAP stiamo facendo la nostra parte… però intanto la legge è ancora in vigore.
A disposizione per ogni altro chiarimento.
Buon giorno.
Verso contributi ENPAP dal 1996. Lo scorso settembre sono andato in pensione con i 65 anni di età. Il prospetto pensione prevede 70,10 euro mensili. Ieri ho versato acconto 2015 di oltre 1.300,00 euro, ovvero più di due anni di pensione. Ormai lavoro pochissimo. Sono più le spese (commercialista, Enpap Tasse) che i guadagni. Ho anche salute incerta e devo supportare due genitori molto anziani (92 anni lui e 88 con demenza senile mia madre). Sono solo con i miei due genitori anziani. Che senso ha continuare a versare contributi se con ogni probabilità non riuscirò nemmeno a riaverli? Quanti anni dovrò vivere ancora con i 70 euro mensili? Percepisco pensione di insegnante elementare (1400 euro). Posso utilizzare al meglio ciò che l’ENPAP prevede per casi simili? Grazie per l’eventuale aiuto. LC
La tua è la situazione assurda dei pochi pensionati ENPAP che abbiamo oggi: l’ente è nato da poco (20 anni) e quindi non ci sono ancora contributi a intero ciclo di vita, tali da generare pensioni adeguate. E’ il grande problema dei professionisti che hanno casse giovani come la nostra (infermieri, periti industriali, attuari, biologi etc).
Forse, in una situazione come la tua, sarebbe stato più conveniente andare in pensione dopo aver smesso di lavorare: per effetto di una recente legge di stabilità, oggi i pensionati devono comunque versare contributi, cosa che tecnicamente è assurda perché di fatto è un giro di cassa privo di utilità concreta.
Non c’è molto che io possa indicarti, oltre a ciò che ho già scritto nell’articolo. Posso solo suggerire un esempio, il primo che mi viene in mente: 30 giorni di malattia – nel caso malaugurato di una bronchite, un osso rotto o simili – ti verrebbe rimborsato con un’indennità di malattia di 1500 euro.
si potrebbe pensare di creare struttutre di accoglienza per anziani?
Crearle come ENPAP sarebbe impossibile. Ma ci sono convenzioni aperte con RSA già esistenti e c’è un interesse sul tema, che è comune anche con altri enti di previdenza. Credo che nei prossimi anni questo tema si svilupperà moltissimo anche grazie all’investimento degli enti di previdenza dei professionisti.
Salve, mi sto iscrivendo in questi giorni all’Enpap, all’età di 56 anni.
Non avrò altre pensioni, ma soltanto anni sparsi a gestione separata INPS dei quali temo non sia possibile il ricongiungimento, almeno allo stato attuale. Prevedendo che io continui a versare i contributi per 20 anni, che cosa mi aspetta? Tra l’altro, ho scoperto di non avere diritto allo sconto contributivo offerto agli iscritti con meno di 35 anni per i primi 3 anni di attività, quindi se non ho capito male oltre i 1560€ di reddito netto, dovrò versare come minimo 1700€ all’Enpap…benché mi sia rimessa chiaramente in gioco dopo perdita del lavoro in proprio e divorzio con 2 figli piccoli, pare che non esista incentivo (sostegno, incoraggiamento, aiuto) per le donne oltre alla maternità (nel momento in cui si produce) neanche tra gli/le psicologhe…è così? Secondo lei cosa mi conviene dal punto di vista contributivo?
La sua è una domanda difficile, perché la situazione che mi descrive è veramente particolare. Come ho scritto in altri commenti, ENPAP e le casse dei liberi professionisti sono concepite per erogare pensioni adeguate su un ciclo intero di contribuzione (35-40 anni), situazioni di versamento parziali o per periodi limitati (in termini previdenziali 20 anni ad esempio sono pochi) generano un risultato sicuramente meno soddisfacente.
Posso consigliare sicuramente di chiedere ad ENPAP una valutazione dei contributi sparsi in altre gestioni, mediante la domanda di ricongiunzione. Spesso da questa valutazione emergono contributi che nemmeno di pensava di avere, e riordinarli può essere molto utile. I contributi in Gestione Separata INPS purtroppo non si possono mai ricongiungere, per cui è bene monitorarli ed eventualmente si potranno recuperare, se ci sono almeno 5 anni di versamenti, con totalizzazione o simili.
Tenga conto che dopo la valutazione ENPAP chiede all’iscritta se intende procedere o meno a ricongiungere, per cui la valutazione della situazione è prodromica ma non vincolante. Per questo dico che comunque le conviene farla.
Rispetto ai minimi, le confermo che purtroppo è così come lei prospetta: le riduzioni furono pensate anni fa, ben prima della crisi del 2008 (io non c’ero ancora, in ENPAP) come incentivo per l’inizio dell’attività di giovani colleghi. Oggi andranno ripensate perché sono intervenute robuste modificazioni sociali. Si tratta di un provvedimento attualmente in fase di studio preliminare, su cui non mi sento di dare tempi o certezze: quando si modificano le riduzioni, c’è sempre una negoziazione fra ENPAP e ministeri vigilanti, tale per cui i tempi e gli esiti non sono mai prevedibili.
Ricordi comunque che come iscritta può godere di diverse forme di assistenza, prima fra tutte l’indennità di malattia, che è beneficio consistente: un solo periodo di malattia di 30 giorni (esempio: gamba rotta e ingessata) compensa interamente quanto si è versato come contributo minimo.
Grazie, è tutto molto giusto e la situazione è particolare perché ho deciso di formarmi e lavorare seriamente anziché mettermi a fare la professional counsellor…e penso però che situazioni particolari come la mia siano in aumento.
Ma bisogna ammettere che la proposta di versare diciamo 40.000€ ad un ente per riceverne in cambio una pensione di 70€ mensili a 75 anni non sembra granché allettante anche a chi, come me, non ha una laurea in economia. Ci penserò su, confido che lo faccia anche l’Enpap.
Salve, mi trovo in una situazione molto simile a quella della collega che mi precede (la d.ssa Patrizia Garberi): laureata in psicologia nel 1980, ho poi preso una strada diversa e ho lavorato in aziende di informatica dal 1990, poi dopo alterne vicende ho ripreso faticosamente la carriera di psicologa. Dal 2012 sono contribuente ENPAP, attualmente come psicoterapeuta sono all’inizio e riesco appena a coprire le spese ma, come appunto notava la collega, non beneficio di alcuno sconto contributivo. La mia condizione é pesante ma non demordo, però, pur essendo d’accordo riguardo alla particolarità di questo tipo di situazione, credo che a causa dei cambiamenti sociali in atto stia aumentando la frequenza di situazioni atipiche, e che forse sarebbe opportuno valutare l’opportunità di sostenerle maggiormente. Colgo inoltre l’occasione per porre un domanda riguardo al ricongiungimento contributivo: cosa posso o mi conviene fare, considerando che mi trovo ad avere circa 22 anni di contributi INPS versati dalle aziende presso cui ho lavorato in quegli anni? Quale può essere l’entità dei costi, in caso di ricongiungimento? Grazie mille per la risposta, e per tutte le utili informazioni che ci fornisce.
Parto dal fondo, che è più importante: con 22 anni di contributi INPS, è molto facile che lei abbia una parte in retributivo invece che in contributivo. Il retributivo (pensione calcolata in base alla retribuzione) genera pensioni più altre del contributivo (pensione calcolata come divisione del totale dei versamenti per gli anni di aspettativa di vita). Se lei trasferisse mediante ricongiunzione i suoi contributi INPS in ENPAP cambierebbero anche le regole di calcolo: passerebbe da retributivo a contributivo, con svantaggio.
La ricongiunzione va bene se ho contributi sparsi e disordinati in diverse gestioni, pezzetti, rimasugli, che è sempre meglio mettere in ordine. 22 anni di contributi non sono un rimasuglio.
Sulla questione delle situazioni di carriere brevi in ENPAP, stiamo facendo dei ragionamenti ma purtroppo le leggi della matamatica finanziaria non si possono forzare oltre un certo limite: a parità di capitale (poniamo 100 euro), se lasciato per 10 anni a lievitare produce un certo risultato, se lasciato 20 anni nel produce un altro che, per effetto dell’interesse composto, è più del doppio. Per questo il sistema ENPAP (simile a quello di altre casse) dispiega il massimo vantaggio su posizioni a ciclo intero di carriera (35-40 anni).
L’unico rimedio, comunque parziale, è modulare la contribuzione minima. Tuttavia non è semplice: la nostra cassa ha contributi minimi fra i più bassi di tutti, è facile che modificazioni a ulteriore riduzione non siano approvate dai ministeri che vigilano sulla nostra attività (Min Lavoro e MEF).
Sto pensando a diverse soluzioni in questo sabato piovoso, alternative all’attesa che le mie facoltà cognitive si annebbino dolcemente (cosa che potrebbe risolvere però diversi miei problemi oltre quello dell’alloggio)…adottare un diciassettenne? rompermi una gamba?quante volte? L’ipotesi più realistica mi sembrerebbe quella di poter scorporare i contributi per la pensione da quelli per la previdenza malattie, alleggerendo chi, di fatto, inizia il periodo contributivo a meno di 10/15 anni dall’età della pensione e dando loro l’opzione di investirli diversamente o di sperperarli allegramente. Questo renderebbe reciproco il favore fatto ai colleghi (di ogni orientamento sessuale) in maternità, che credo tra l’altro siano in numero molto maggiore di chi si iscrive ad un ordine professionale palesemente e quasi esclusivamente, a quanto pare, per lavorare in modo dignitoso…ma si potrebbe fare?
Cara collega, il contributo per alimentare i fondi di assistenza è già scorporato da quello per le pensioni: uno è il contributo integrativo (2%), l’altro per le pensioni è il contributo soggettivo (10% del reddito netto).
Peraltro, il contributo integrativo non è mai nostro: è un contributo di cui noi professionisti siamo riscossori presso i nostri clienti, ma non è mai nostro: è una tassa che grava sul cliente, che noi per legge dobbiamo riscuotere (DLgs 103/96, mi pare articolo 8). Con quello si fanno le forme di assistenza.
La maternità è un fondo ancora diverso, che nasce con il DLgs 151/2001.
In ogni caso, esistono radici solidaristiche nella previdenza di categoria, che fanno in modo che si possa ricevere in cambio ben più di ciò che si versa. E’ il vantaggio delle collettività.
Mi unisco all’esigenza prospettata dalla collega Lombardo, perché l’Ente che si occupa di pensioni non può trascurare per logica quanto attiene all’età avanzata, i problemi, le difficoltà che portano l’anziano alla periferia di una vita di qualità che si possa chiamare tale.Poter contare su strutture che garantiscano una vita dignitosa e, perché no, piacevole e di qualità negli ultimi anni di chi ha speso un’intera vita professionale ad occuparsi del benessere delle persone, direi che potrebbe essere una priorità tra gli impegni di un’Ente di previdenza. Gli psicologi oggi sono in prevalenza nell’età della maternità ma questo non vuol dire trascurare la minoranza di coloro che invece sono avanti con gli anni. So che l’Ordine dei Medici ha da tempo convenzioni con adeguate residenze.Paese esteri idem. Confido, visto l’interesse nella risposta alla collega, che si potrà garantire se non una pensione decorosa, una possibilità assistenziale e residenziale seria e adeguata. A me manca ancora molto all’età in cui averne bisogno personalmente, ma i colleghi più avanti con gli anni ?
Certamente esigenza di cui tenere conto, come questione strategica per gli anni a venire. Come già risposto, questo sarà un impegno da sviluppare in modo sempre maggiore nei prossimi anni. Intanto sono già attive due convenzioni dirette, che abbiamo stipulato e messo a regime di recente:
http://www.enpap.it/servizi-per-te/convenzioni/assistenza-agli-anziani/
Ma il percorso è tutto in evoluzione: ENPAP nei prossimi anni si occuperà – o almeno, se continueremo ad essere al governo, lo faremo – di sviluppare percorsi assistenziali integrati e sempre più capillari sul territorio. L’interesse per il settore della residenzialità per gli anziani in strutture, quartieri dedicati, villaggi assistiti è sempre più alto anche come forma di investimento.
Ciao
verso contributi INPS da 33 anni e da 3 anni anche contributi ENPAP. Per me la pensione sarà nel 2023 (anticipata) o nel 2027 (regolare). A quella data avrò versato contributi ENPAP per 10 anni.
Come funziona la ricongiunzione?
Devo aspettare quella data (data in cui andrò in pensione) per fare richiesta o posso già ora mettere in atto qualcosa che faccia “dialogare” i due sistemi contributivi?
Grazie mille
In un caso come il tuo, la ricongiunzione non è utile: mi par di capire che vorrai mantenere attive entrambe le gestioni (INPS ed ENPAP) facendole correre parallelamente. Credo che ogni ragionamento su come eventualmente mettere insieme le gestioni vada fatto al momento del pensionamento.
Buongiorno complimenti per il blog. Resta tuttavia il problema che quello che aspetta i giovani psicologi non è confortante. Il sottoscritto ha versato regolarmente i contributi dall’istituzione dell’ente e continuo..! Oggi godo di una pensione COMPLESSIVA di 675 eu. mensili. Complessiva perchè comprende quella relativa ai contributi versati come insegnante di ruolo per 13 anni. Lavoro, nonostante l’età e mi vedo sottrarre, in tasse maggiorate, l’intera pensione…!
Ho chiesto al commercialista e mi ha risposto che non posso farci nulla. Questa è la previdenza per gli psicologi.
Certo. Dica pure al commercialista che questa non è la previdenza degli psicologi: è la previdenza che siamo costretti a fare con i pensionati attivi in forza di norme introdotte nottetempo dalle riforme Fornero, Monti etc. e che hanno intaccato alcune categorie di pensionati in modo avulso da qualsiasi logica previdenziale.
La norma che la colpisce è duplice:
(1) se sono pensionato e continuo a lavorare, devo versare contributi (pur se ridotti del 50%). Introdotta da poco, è norma assurda sul piano tecnico perché quei contributi non fruttano alcun rendimento, dato che stanno poco in cassa e quindi non hanno tempo per maturare.
(2) se sono pensionato, dopo aver pagato le tasse sul reddito pago anche le tasse sulla pensione. E’ il noto problema della tripla tassazione, un unicum che abbiamo solo in Italia. Ne ho parlato in questo articolo: http://www.assicuriamocibene.it/2014/01/21/la-tripla-tassazione-delle-pensioni-dei-professionisti/
ad integrazione di quanto esposto nella mia precedente: poichè l’importo della pensione(675 eu) lo restituiisco pari pari in tasse maggiorate(passaggio di scaglione) , mi sembra una situazione simile a quella di chi per lavorare è costretto a pagare il “pizzo”…
Grazie per la risposta effettivamente confortante e prospettica. Concordo che come forma di investimento il mondo degli anziani sarà sempre più nella necessità, è un settore al quale come psicologa lavoro e studio per la ricerca di soluzioni più in linea coi nostri tempi, mentre sul piano di realtà bisogna poi duramente destreggiarsi nel classico sballottolamento tra badanti. E’ questa un’esperienza al momento inevitabile per gli anziani non malati che perdono a poco a poco alcune “destrezze” e non possono più vivere da soli, ma che non augurerei a nessuno e tanto meno a me stessa. Nella mia esperienza personale ho perduto da poco mia madre e siamo stati abbastanza fortunati (purtroppo è di fortuna che si tratta, perchè nell’urgenza, nel dispiacere, non è semplice scegliere lucidamente) ma sono ragionamenti complessi e sarebbe davvero straordinario poter accedere consapevolmente a percorsi assistenziali degni del valore delle persone, anche se con l’età in molti casi dolcemente si annebbia. Grazie
Aggiungo qualcosa su un progetto che stiamo iniziando con EMAPI: la mappatura e il convenzionamento delle strutture pubbliche e private che in Italia di occupano con approccio multiprofessionale (infermieri, medici, psicologi, biologi nutrizionisti) di assistenza domiciliare. Anche questo ambito, estremamente in espansione, diventerà sempre piùimportante per l’età anziana e il contributo di un’associazione di enti previdenziali come EMAPI, che rappresenta decine di migliaia di professionisti e loro famiglie, può essere determinante. Il ruolo degli psicologi in particolare: non siamo e non possiamo più essere semplici tecnici della diagnosi e dell’intervento, ma sempre più dobbiamo diventare progettisti sociali impegnati nell’implementazione di processi di cura e assistenza, in ottica multiprofessionale.
A proposito del contributo di solidarietà alla maternità, che comporta una gabella annuale di 130€, vorrei fare presente che per chi fattura 4000€ all’anno, quei 130 possono fare la differenza; trovo quindi vergognoso che tale contributo non venga calcolato attribuito in base al reddito e sia, invece, lo stesso per tutti.
Cara collega, la maternità è un’indennità solidaristica: tutti quanti mettiamo una quota perché sia assicurata adeguata protezione a quel 5% di colleghe psicologhe che ogni anno affrontano una gravidanza, partoriscono o adottano. Così va inteso: nel caso della sua situazione, se lei avesse una gravidanza riceverebbe 5.000 euro, che è più del suo reddito annuo, e 2.000 euro in esami medici pagati tramite ENPAP. Vista in questa logica, anche del tutto personale, non può non vederne una convenienza: 7000 euro diviso 130 euro fa 53,8. Significa che il valore che lei potrebbe ottenere in un solo anno, lo ripaga alla collettività in 53,8 anni di contributo. Il che mi pare un vantaggio ragionevole, anche solo in ottica meramente personale.
Se poi andiamo oltre, e vediamo la cosa dalla logica più corretta, che è quella solidaristica, il contributo di maternità è un atto di profondo valore civico: tutti insieme consideriamo la maternità un valore, e quindi decidiamo di darci la regola di aiutare le colleghe con un contributo che permetta loro di sostentarsi adeguatamente quando hanno un figlio.
Certamente si potrebbe pensare ad un sistema di versamento proporzionale al reddito, ma a quel punto sarebbe corretto che anche l’erogazione dell’indennità fosse del tutto proporzionale al reddito: reddito basso > quota bassa > indennità bassa quando avrò una gravidanza. I maschi non dovrebbero pagare (perché non riceveranno mai l’indennità).
Noi seguiamo una logica diversa, di redistribuzione sociale e di assistenza collettiva.
Ho letto con interesse ciò che hanno scritto i colleghi e le colleghe. Capisco i vincoli che vi sono imposti. Mi chiedo però se non sia possibile, prevedere una cifra a favore degli psicologi attualmente pensionati, sotto forma di sussidio integrativo, che alleggerisca il danno che stanno subendo per scelte “assurde” determinate dalla legge sulle pensioni (vedi Fornero). Grazie
Esistono alcune forme di assistenza dedicate agli anziani che sono del tutto sottoutilizzate: pensiamo ai sussidi per iscritti anziani non autosufficienti. Ecco: a fronte di uno stanziamento di un centinaio di migliaia di euro, eroghiamo poche migliaia di euro. Questo per dire che alcune tutele già esistono, mi premurerò anche di farle conoscere sempre di più come faccio da anni.
In ogni caso, l’età anziana è fortemente attenzionata da noi: stiamo facendo un ragionamento complessivo su pensioni e assistenza. Certamente è possibile prevedere altre forme di assistenza, ma qui giocano anche i tempi della burocrazia: quando abbiamo introdotto pacchetto gravidanza e indennità di paternità, la modifica ha richiesto oltre un anno di approvazioni ministeriali.
Leggo con interesse le tue risposte, anche se ogni volta resto sgomento dalle prospettive future.
Dunque, il prossimo dovrei andare in pensione (65 anni), dopo 20 anni di contributi (e dovrei prendere 75 euro mensili). L’INPS a cui ho versato contributi per 13 anni, dovrebbe darmi circa 250 euro mensili, totale 325,00, è possibile vivere con tale somma? Sono costretto a lavorare tutta la vita e pagare tasse e contributi ENPAP (50%) e tassa dell’Ordine (250 euro) e quanto altro…
Vorrei chiederti, devo fare domanda all’ENPAP per chiedere la pensione e la totalizzazione?
Purtroppo questa che descrivi è la prospettiva di una previdenza sostenibile. Cosa a cui in Italia non siamo assolutamente abituati, dato che fino al ’95 il sistema pensionistico ha elargito prestazioni che andavano ben oltre la disponibilità di cassa. Ne paghiamo ancora le conseguenze: se hai un po’ di pazienza puoi dare un’occhiata al terzo rapporto sulla previdenza italiana, in particolare nella parte in cui illustra tutte le gestioni esistenti (INPS e professionisti):
http://www.itinerariprevidenziali.it/site/home/eventi/2016/presentazione-terzo-rapporto-bilancio-sistema-previdenziale.html
Per le questioni pratiche: la totalizzazione e la pensione vanno entrambe richieste all’ENPAP. Con la totalizzazione, comunque poi la pensione unica ti verrà erogata in base al realizzarsi di tutte le condizioni necessarie.
Sul sito http://www.enpap.it trovi due pagine dedicate dove sono presenti tutte le informazioni di dettaglio, la sezione è COME FARE PER
Chiaro e articolato l’articolo…ringrazio per avermelo inviato!
Leggendo i vari punti, mi è venuto un dubbio: da anni pago sia Enpap che Inps, avendo sia attività di libera professione sia una snc che gestisce servizi per minori…è possibile unire le due previdenze in Enpap o riscattare questi anni Inps?
Grazie!!
Sarebbe possibile unificare le due previdenze solo eliminandone una. Una via potrebbe essere quella di fatturare alla snc le prestazioni dirigenziali come psicologa, facendola gravare come reddito di libera professione sulla contribuzione ENPAP. Tuttavia, potrebbe essere visto come un aggiramento delle norme in materia fiscale: immagino che lei percepisca i proventi della sua snc a titolo di socia.
Temo che altre vie non siano possibili. Forse, nemmeno convenienti: quando si hanno due attività fiscalmente e sostanzialmente diverse, di solito servono due previdenze diverse.
INTERESSANTISSINO DIALOGO,DESIDERO ESPRIMERLE DOTT.ZANON, UNA DOMANDA.LEI PARLA DI PENSIONE ADEGUATA DOPO I 35,40 ANNI,CONSIDERANDO CHE DOPO 20 ANNI PERCEPISCO CIRCA 250,00 EURO OGNI TRE MESI COSA POTREBBE ESSERE L’IMPORTO FUTURO?
GRAZIE PER LA SUA PAZIENZA L.M.
Questa situazione che lei descrive (250 euro/trimestre) è uno degli effetti del passaggio brusco ad sistema previdenziale, quello contributivo, che è avvenuto nel ’95 con la legge 335.
Nel ’95 si cercò di riparare ad un percorso storico che durava all’incirca dal dopoguerra, e che aveva nelle pensioni una leva di consenso politico, al punto da accumulare nel tempo una situazione insostenibile di pensioni troppo generose e non coperte da contributi sufficienti. Una situazione che ancora ci trasciniamo nell’INPS, in stato cronico di passività dovuto a pensioni troppo elevate rispetto a quanto versato dai lavoratori a cui tutti noi cittadini dobbiamo supplire con le imposte
Ilrimedio del ’95 fu di passare tutti i lavoratori al sistema contributivo: ricevo in pensione quanto ho risparmiato in vita, addizionato di un rendimento e spalmato sugli anni di aspettativa di vita. Un sistema perfettamente sostenibile nel suo complesso, ma carente sul piano dell’adeguatezza delle pensioni a garantire una rendita sufficiente a vivere.
Il sistema contributivo (ricevo una pensione proporzionale a quello che ho versato durante la carriera) funziona bene solo se il ciclo di versamento è completo (35-40 anni) perché questo permette di accantonare un risparmio sufficiente, e di farlo fruttare per un tempo abbastanza lungo. Periodi più brevi abbassano sensibilmente l’efficienza, portando a risultati carenti in termini di pensioni.
Per far un paragone oggi ben poco attuale, ma per capirci: più lascio in banca i miei soldi, e più frutteranno interessi. Meno li lascio, meno mi frutteranno. Ecco, il sistema contributivo funziona così, ed è tarato per generare una pensione adeguata lasciando i soldi depositati per una carriera lavorativa intera.
Dott. Zanon, non ho mai capito il senso della sanzione (molto alta dopo i 150 gg. di ritardo) che si paga per il ritardato versamento dei contributiI.
Se non verso i contributi è per difficoltà economiche che sto attraversando, che senso ha penalizzarmi ulteriormente con una sanzione?
Oltretutto sono contributi che si accumulano (o non si accumulano) nel mio fondo, non sono soldi che sottraggo a qualcuno.
La ringrazio se vorrà rispondermi
Alfredo Melissano
Gent.mo,
il senso della sanzione – peraltro per ENPAP oggi abbastanza bassa rispetto ad altre categorie e al passato – è che la previdenza obbligatoria non è cosa privata, che riguardi solo l’interessato: essendo la copertura primaria e obbligatoria, essa tutela due diverse esigenze: (1) quella del singolo che va indirizzato a costruirsi un risparmio che sia garantito dallo Stato (2) quella della collettività, che deve garantirsi che tutti i lavoratori abbiano una copertura.
Il paragone più calzante che posso farle è quello dell’assicurazione auto: lei è obbligato a stipularla e pagarla con regolarità per tutelare se stesso dalle conseguenze economiche di un eventuale incidente, ma anche per tutelare la collettività (tutti gli altri cittadini che usano le strade) dal fatto che in caso di incidente per sua colpa, essi vengano risarciti.
Invece il contributo integrativo del 2% va a riversarsi in un fondo comune da cui attingiamo per offrire le forme di assistenza (malattia, paternità, etc). Per cui non pagarlo è a tutti gli effetti un danno diretto alla collettività.
Cordialità
Salve, prendo spunto dal collega Melissano che lamenta le sanzioni per ritardati versamenti:con la consueta pazienza gli /ci spieghi che è come con l’assicurazione auto e certamente si può comprendere il meccanismo ma forse dovremmo dare maggior rilievo al tipo di professione che svolgiamo piena di incertezze e flessioni economiche del reddito individuale; intendo dire che non è detto che la libera professione di psicologo porti a sfolgoranti carriere in ascesa, come si sperava all’inizio e si è anche ottenuto, venti anni fa a inizio Enpap molti di noi si trovavano in una fascia di reddito che oggi è diventata una chimera; il fatto che la legge imponga limiti fissi a una categoria professionale che di fisso ha ben poco genera problemi e anche essere solidali con il 2% può essere a volte un sacrificio oltre le proprie possibilità, secondo me. Altra importante evidenza è per la fascia di colleghi che hanno versato venti anni di contributi Enpap e la mancata sopravvivenza economica pensionistica che ne discende (per il sistema che hai chiaramente spiegato): vorrei dire la mia, cioè che diventa necessario e non più rinviabile istituire un fondo di solidarietà, come facciamo per maternità e paternità, proprio per queste situazioni limite finchè non sarà a regime di 40 anni di versamenti per tutti, regime per cui questo sistema è stato pensato.Ed è indecoroso che un sistema pensionistico sia stato pensando ignorando bellamente quanti ne avrebbero patito le conseguenze, tra l’altro proprio coloro che versano puntuali fin dal primo giorno di Enpap e ne hanno così gettato le fondamenta.. Tu stesso ci hai ben spiegato che il sistema ha delle falle per chi ha versato meno, ma non ne ha colpa chi ricade entro questa fascia (di futura povertà??) Altrimenti gli attuali meno giovani che fanno ? non penso che diremo volentieri “e chi se ne importa tanto non tocca a me”. Pazienza se ci vorrà tempo intanto trovo urgente lavorare su questa sorta di “contributo pensioni indignitose”, vista la quantità di colleghi che cominciano a scriverne (oltre a quelli che non figurano qui). Grazie per lo spazio qui alle nostre idee !
Gent.ma,
il problema che esponi esiste. Va comunque considerato che chi ha iniziato a versare in ENPAP quando è nato e oggi è prossimo alla pensione, in genere ha in precedenza comunque costruito un’altra carriera previdenziale. Infatti nella maggioranza dei casi, il problema dei pensionati/pensionandi ENPAP è piuttosto l’estrema complessità delle posizioni previdenziali, fatte di tanti pezzi di contributi sparsi in vari enti (tipicamente, le varie gestioni INPS).
La soluzione di forme solidaristiche per supplire alle pensioni di chi ha pochi anni di versamenti in ENPAP ed oggi è vicino alla pensione esiste già come previsione regolamentare ENPAP, ma di fatto non viene applicata perché attualmente non sarebbe economicamente sostenibile: i giovani professionisti hanno redditi troppo bassi per riuscire a sostenere il costo di un sistema di solidarietà pensionistica con i colleghi più vicini alla pensione.
Abbiamo nel frattempo dato la notizia di una importante riforma che ci è stata finalmente approvata dai ministeri vigilanti, e che può parzialmente sollevare la questione previdenziale:in sostanza, i risparmi previdenziali a partire dal 2015 renderanno un interesse molto maggiore, accrescendo il valore del risparmio su cui si basa la pensione. QUESTO IL MIO ARTICOLO PUBBLICATO SUL SITO DI ENPAP.
Gent.mo collega, mi congratulo per la storica riforma dell’ENPAP, è davvero una buonissima notizia, e arriva proprio quando a novembre andrò in pensione, avendo raggiunto i 65 anni.
Ormai ero rassegnato (e mortificato) a ricevere XXX,00 euro da parte dell’ENPAP (in quote trimestrali), e XXX da parte dell’INPS (per 13 anni e 6 mesi di contribuzione),dovendo anche aspettare 21 mesi per effetto della TOTALIZZAZIONE.
Il mio montante con l’ENPAP è di XXXXX (anno 2014), quindi quanto dovrei prendere di pensione di vecchiaia, da parte dell’ENPAP, nel settembre 2018 (dopo aver aspettato la finestra dei 21 mesi)?
Non vorrei illudermi inutilmente, conoscendo la burocrazia italiana…
Renato Vignati
Gentile collega,
ho visto che mi hai scritto anche in privato con lo stesso quesito.Ti rispondo qui, togliendo le cifre per riservatezza, perché il tuo caso può essere di interesse generale.
Ti riferisci alla storica riforma previdenziale di cui abbiamo appena dato notizia, QUESTO L’ARTICOLO SUL SITO ENPAP.
Prima di tutto, il tema di ricongiungere o totalizzare. Mi pare tu abbia già scelto per la totalizzazione, che è un buon modo per mettere insieme diverse pensioni e recuperare, in questo modo, anche periodi contributivi che potrebbero non dare diritto a pensione.
Scegliendo la totalizzazione, è l’INPS che ti farà aspettare 21 mesi per ‘beccare’ la finestra ed entrare in pensione. Quanto frutteranno nel frattempo i soldi che hai in ENPAP? ecco, con la riforma, dal 2015 in poi frutteranno un interesse maggiore: per il 2015 il 2,97%, per i prossimi anni la rivalutazione dovrebbe essere allineata a questa cifra, anche se dipendendo dai rendimenti degli investimenti è impossibile prevederlo con certezza: male che vada, prenderai un rendimento minimo proporzionale al PIL.
Stante così le cose, puoi decidere se NON andare in pensione subito, e lasciare così a fruttare i tuoi versamenti ancora per qualche anno. A seconda della tua scelta, potrai utilizzare la TOTALIZZAZIONE oppure la RICONGIUNZIONE. Oppure, terza via (che forse conviene pure considerare), lasciare separate le due pensioni; anche se con la tua situazione occorre valutare se la totalizzazione è condizione per accedere alla pensione INPS oppure no.
In ogni caso, i nostri uffici ENPAP sono disponibili per aiutarti ad effettuare una valutazione approfondita, che qui io non ho gli elementi per fare.
Un caro saluto
Collega Zanon grazie per la risposta che mi illumina con la notizia della riforma approvata che dal tuo chiaro articolo ci fa intravedere futuri più rosei, slegandoci dal Pil in picchiata. Solo una cosa: c’è una parte di noi che abbiamo conosciuto l’Enpap dall’inizio e purtroppo non ha anni di altri versamenti alle spalle, il mio caso non raggiunge nemmeno cinque anni all’Inps che comunque spero di poter totalizzare. Saremo pochi -spero- in questa situazione ma per quanto esigua la nostra minoranza esiste e volevo soltanto farne sentire la flebile voce. grazie e saluti !
Cara collega,
non siete pochi: siete alcune migliaia, e con posizioni previdenziali sempre piuttosto complicate a causa di versamenti in due o più gestioni. Abbiamo ben presenti le vostre situazioni, che però a differenza di altre non sono ben ‘categorizzabili’. Per cui stiamo molto ragionando su quale tipo di assistenza offrire. Per il momento stiamo affrontando una ad una con i nostri funzionari le situazioni difficili e complesse che arrivano alla nostra attenzione. Speriamo in futuro di poter offrire qualcosa di strutturale sul tema aperto dei pensionati che hanno versato per carriere brevi.
ottimo, grazie, hai la nostra fiducia, si comprende facilmente che il tema è più che complesso.seguo i vostri vari aggiornamenti che ci comunicate.
Salve,
sono iscritta all’ENPAP da circa 4 anni.
Ho fatturato i primi due anni ma ormai da circa due anni percepisco “zero” con la professione.
Vorrei capire se rientro quindi nella categoria “Iscritto ENPAP
con reddito netto inferiore a euro 1.560,00”.
Ho un lavoro a parte dove però faccio altro e dove i contributi vengono pagati all’INPS.
Tuttavia come “professione” non percepisco nulla.
Posso quindi rientrare in quella categoria?
Puoi rientrare in quella categoria, ma con reddito pari a zero hai titolo a cancellarti dall’ENPAP, mantenere attiva la posizione è svantaggioso se non la si utilizza per il risparmio previdenziale. A meno che l’altro lavoro non sia un’attività autonoma che si possa passare sotto la partita IVA da psicologo.
Grazie mille per la risposta.
In realtà ora sto frequentando la scuola di specializzazione, quindi un giorno aprirò di nuovo la partita Iva.
In questo caso cancellandomi e poi riscrivendomi ball enpap perdo tutto ciò che ho pagato di contributi fino ad oggi?
E per cancellarmi ci sono dei tempi?
Visto che ora devo pagare marzo.
Grazie ancora
Susanna
Assolutamente no, non perderai nulla di quello che hai versato perché resterà a fruttare sul tuo conto ENPAP e nel caso di reiscrizione riprenderai ad accumulare da dove hai sospeso. Per cancellarti non ci sono tempi: puoi restare iscritta, se ritieni. Anche se hai reddito zero.
Grazie per il chiarimento.
Penso sia meglio quindi levarmi per poi tornare quando posso.
Cerco sul sito le modalità per togliersi, sperando siano facili e chiare. 🙂
Buonasera Federico, scusa se approfitto ancora del tuo aiuto.
Sto procedendo per levarmi dall’enpap momentaneamente, finché non torni a lavorare come psicoterapeuta.
Mi chiedo:
1)quando ritornerò ad iscrivermi, devo pagare una specie di riscatto per riavere di nuovo i contributi che ho versato fino ad oggi?Oppure mi riscrivo e basta, senza pagare penali o altro?
2) se ora mi levo dall’enpap, e dovessi entrare in maternità, non ho diritto al sussidio maternità dall’enpap e neppure posso usufruire dei 2000€ per controlli, morfologica e altre visite?Grazie mille ancora
cara Francesca,
(1) i tuoi contributi restano in ENPAP e continuano a maturare rendimento, quando rientrerai saranno lì ad aspettarti. Se non rientrerai più si trasformeranno in pensione.
(2) se ti cancelli non hai diritto a nessuna forma di assistenza. Ne riavrai diritto quando ti iscriverai di nuovo.
Gentile collega,
trovo l’articolo di una chiarezza disarmante.
Sono una psicologa neo psicoterapeuta che ha aperto partita Iva 3 anni fa e che da allora non ha ricevuto alcun compenso per prestazioni. I dubbi che vorrei chiarire sono:
1. Quale convenienza ho nell’iscrivermi in ENPAP entro quest’anno 2017 nonostante so che chiuderò l’anno senza aver emesso la prima fattura?
2. La quota di 130 euro per il contributo di maternità è dovuta anche nel caso non abbia ricevuto redditi?
3. Per accedere al versamento della quota minima di 156 euro è sufficiente presentare la dichiarazione dei redditi unico 2017 riferita ai redditi 2016?
4. L’eventuale accesso al contributo per la maternità come viene calcolato in riferimento alla data di iscrizione?
Ringrazio anticipatamente.
Buongiorno,
1- il presupposto per l’iscrizione all’ENPAP è l’incasso di un compenso. Avere una partita IVA non è requisito per iscriversi.
2- il contributo di maternità è sempre dovuto in misura fissa da tutti gli iscritti all’ENPAP, è un contributo di sostegno al valore sociale della nascita dei bambini.
3- per accedere ai contributi minimi occorre non superare le soglie di reddito, e poi scegliere nel selettore al momento della dichiarazione dei redditi che si intende avvalersi della riduzione.
4- fino a che non è disponibile un reddito, viene erogata l’indennità minima (circa 5.000 euro). Poi si va in proporzione al reddito del secondo anno precedente il parto, sempre con la soglia minima.
Buongiorno. Per quello che può servire esprimo la mia opinione. La la mia idea è che ripsetto al rientro pensionistico il versamento dovuto, perchè è dovuto ricordiamolo, è assolutamente irrealistico. La professione di Psicologo vive una grande crisi da anni e si richiede a questi ancora come se una difficoltà non ci fosse. Conosco colleghi che lavorano solo per pagare Ordine degli Psicologi ed Enpap, fino ad arrivare a vivere delle vere e proprie crisi famigliari. alcuni addiruttura non percepiscono abbastanza dal lavoro per poter coprire queste spese e lasciano la professione e il poco lavoro che hanno (i pazienti) per evitare di andare in rosso. Secondo voi è questo un buon clima per la fiducia? Distinti saluti a tutti i colleghi e buon lavoro.
Rispetto alla previdenza, gli psicologi versano il 10% del reddito con un minimo di 780 euro. Sono cifre insufficienti a generare una rendita pensionistica adeguata. La porzione ideale da dedicare al risparmio in genere per una persona è il 20%, quota adottata nella maggior parte dei paesi con una previdenza seria.
Certamente la condizione degli psicologi, che per una buona parte hanno redditi bassi, è da considerare. Ma non possiamo modellare il sistema pensionistico su persone che svolgono la professione non ricavando nemmeno il minimo di sussistenza.
Si potrebbe fare un lungo discorso sociologico su questo. Una sola osservazione: i costi di accesso alla nostra professione sono così bassi da indurre molti a ‘provare’. Con l’idea che alla peggio si chiude o si guadagnano 5000 euro con una sorta di part time, o di hobby.
Ecco, è una strategia che non si applicherebbe nemmeno ad un negozio frutta&verdura, perché farlo con una professione delicata?
Gentilissimo Federico Zanon, la ringrazio per la risposta. Resto della mia opinione ritenendo le motivazioni da lei addotte, a mio avviso, insufficienti a giustificare lo stato dei fatti. Cetamente, si parla di numeri. Ma il perchè una professione così importante che richiede anni e anni di formazione e di esperienza, parlo soprattutto per gli Psicoterapeuti, e che si ocuppa di salute umana, debba essere considerata un hobby sarebbe da chiarire. Uno Psicologo che ben lavora in ambito clinico non svolge la sua professione come hobby, ma con profonda passione e dedizione a tempo pieno. Fare bene il lavoro di Psicoterapeuta significa dedicare molto tempo ai pazienti e non si limita solo al tempo della seduta. Per chi ha idea di fare il lavoro di Psicoterapeuta come hobby, sconsiglierei la scelta perchè in questi termini non può essere fatto bene e potrebbe essere anche controproducente. Part time? Forse, ma la ritengo comunque una spesa eccessiva anche per un part time, considerando tutti gli adempimenti professionali annuali da versare. Comunque buon lavoro e grazie per lo scambio di idee.
Concordo con lei: svolgere una professione è anche oneroso, per cui andrebbe svolta pienamente e sviluppata organizzando tutti i necessari adempimenti.
Un saluto
Salve, articolo interessante, ma avrei una domanda: mia moglie, psicologa, vorrebbe fare una pensione integrativa convinta che prenderà una miseria con l’enpap, le ho spiegato che tutto dipende da quanto versa e credo che anche il vostro fondo preveda contributi in percentuale da scegliere entro un range (credo 20% massimo, giusto?). Ora chiedo: conviene aumentare questa percentuale o è meglio diversificare iscrivendosi a una delle tante compagnie assicurative o bancarie per un altro fondo pensione? Sapete dirmi quanto sta rendendo realmente il fondo enpap? Grazie
È una valutazione personale. In generale converrebbe diversificare, ma è anche vero che ENPAP (in generale, le casse obbligatorie) garantiscono il capitale. Mentre i fondi pensione non lo garantiscono. C’è un articolo nel blog che racconta le differenze fra fondi pensione e casse di previdenza, che credo potrebbe aiutarla.
Devo pagare il minimo di acconto enpap di 900 euro con un netto di 3800 euro, dopo tre anni di iscrizione all ente. Il commercialista mi ha detto che poi cine saldo non dovrei pagare più niente, se resto al 10%di versamento pensionistico. Mi conferma???? Grazie. Ravadio
In linea di massima è corretto, ma non potendo conoscere la sua situazione e rischio di darle indicazioni sbagliate. Per cui per prudenza debbo comunque rimandarla al suo commercialista, o agli uffici Enpap. Può contattarli dalla chat in area riservata.
buonasera, in che modo il riscatto degli anni di universita’ contribuisce ad innalzare l’importo pensionistico considerando un contributo costruito su 10%?
grazie