
Conferma in appello per la storica sentenza sul counselling
La vicenda è nota: un gruppo di associazioni con interessi nella formazione al counselling psicologico ha intentato una causa contro l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, per una delibera che riaffermava che insegnare tecniche psicologiche a non psicologi è una grave violazione deontologica. In primo e secondo grado, il Tribunale ha dato ragione all’Ordine.
Al primo grado di giudizio, il tribunale diede ragione all’Ordine degli Psicologi della Lombardia, riconosciuto nella piena legittimità giuridica di deliberare in merito ad una materia, come quella dell’abusivismo professionale, di cui è suo compito occuparsi. Ne avevamo parlato ampiamente su Altrapsicologia [LEGGI L’ARTICOLO].
La vicenda non è finita lì. Non soddisfatti, i promotori dell’azione legale hanno deciso di appellarsi contro la prima sentenza, e si è giunti così al secondo grado di giudizio, che ha confermato le conclusioni del primo e condannato i ricorrenti a rifondere all’Ordine Psicologi Lombardia tutte le spese legali sostenute, per circa 5000 euro (primo grado) e 7500 euro (appello).
Per approfondire:
e finalmente finiamola con gli psicologini improvvisati come Freud della situazione che – con tutta la loro buona volontà – “incasinano” la mente dei malcapitati che sperano in colloqui “specchio” di risolvere problemi. Speriamo si dia un taglio, anche se temo che continueranno in alre vesti.
E quindi? Innanzittutto Counseling con una “L” appartiene a quella sfera curriculare che non appartiene agli Psicologi…per esempio: un avvocato può essere anche un Counselor perchè no?…poi le tecniche psicologiche, soprattutto in relazione a diagnosi e terapia, non vengono insegnate ai corsi di Counseling…se la richiesta era quella ha fatto benissimo il tribunale a sentenziare quello che ha sentenziato…diverso è che il Counseling come Relazione d’Aiuto non può appartenere ad una sola categoria è una bestemmia…sarebbe come togliere la libertà ad una infermiera di un reparto di “saper stare in una relazione d’aiuto” e volerlo imparare…le norme ordinistiche sono importanti ma esistono norme per così dire “sovrane” che bisogna saper rispettare…in UK se vedono discussioni di questo tipo si mettono a ridere…
Gentile,
sappiamo tutti bene di cosa stiamo parlando: dei corsi di formazione che spacciano il counseling e/o counselling per una professione autonoma, orientata all’aiuto psicologico (più o meno esplicitamente citato), e insegnano tecniche psicologiche o presunte tali.
Siamo tutti d’accordo che in ogni professione esiste l’attività di consulenza, che implica competenze tecniche e competenze relazionali, ma non stiamo di certo parlando di questo. I corsi oggetto della delibera OPL, e della sentenza del tribunale, promettono una professionalità a se stante, che non solo non è riconosciuta legalmente (se la legge ha ancora un senso) ma mima una professione riconosciuta e protetta, quella dello psicologo.
Quando parlo di “protezione” mi riferisco ovviamente alla protezione della fede pubblica e del cittadino, non della professione: le leggi professionali servono per proteggere la gente dai ciarlatani, imponendo una minima formazione per esercitare un mestiere ritenuto delicato. Solo indirettamente proteggono il mercato professionale, ma non è certo lo scopo primario, se non in casi particolari (non la psicologia!).
In UK esiste un sistema di protezione delle professioni tale e quale al nostro, con l’unica differenza che gli enti di garanzia della formazione professionale spesso sono associazioni private e non enti pubblici, ma la funzione di riconoscimento sociale del professionista è identica. E allora come la mettiamo? la British Psychological Society, il British Engeneering Council, la British Association of Art Therapist cosa sono, invenzioni italiane?
Ma sarà che a volte la gente preferisce il Counselor allo Psicologo perchè almeno è “capace di ascoltare” senza giudicare attraverso test, diagnosi, tecniche, ecc.? In fondo sono due entità giuridiche autonome e distinte: una vede la persona come persona, l’altra vede la persona ad oggetto scientifico da studiare. Dunque non si fonda sull’uso di strumenti tecnici ma relazionali, e quelli sono alla portata di tutti, altrimenti bisogna “fare la guerra” a counselor, coach, naturopati, panettiere ecc. La possiamo fare ma a guardare “quanto e come” lavorano gli psicologi mi sa che l’invidia sia un sentimento che agita la voglia di fare una guerra inutile e “tra poveri”, se lo psicologo ha un potere che lo eserciti pure senza dover guardare gli altri…
Gentile Ale
mi pare dai suoi interventi che scivoli costantemente – spero non intenzionalmente – fuori tema e con una sgradevole (mi permetta) aggressività, spero e le auguro che non sia questo il suo stile di ‘ascolto della persona’, quale che sia la sua professione. Le auguro un sereno proseguimento professionale senza tralasciare mai il lavoro su di sè. Un caro saluto
Remo ma per fare Psicologia o altro non bisogna essere un prete e se non lo si è uno non è necessariamente un malato di mente, senza l’aggressività non riusciamo nemmeno ad uscire dal feto materno ricordatelo. Ognuno è fatto a suo modo e bisogna saper rispettare semmai le differenze temperamentali, anche se naturalmente ti hanno insegnato che bisogna essere “tutti uguali” altrimenti sei da DSM e da psicofarmaci. Ecco poi uno dice vado da un Counselor!
Ale, quando ti renderai conto che lo stereotipo ridicolo dello “psicologo scienziato meccanicista che classifica le patologie con i test” vs. “il counselor buono che ascolta con attenzione e sensibilità la soggettività dell’altro” esiste solo nelle dispensine autoreferenziali di certi corsi privati per counsellor, avremo fatto un bel passo avanti nei prodromi di una discussione sensata sull’argomento. Ti basti solo pensare che tutte quelle teorie “soggettiviste” che studiate nei corsi di counselling sono – tutte – di origine psicologica, e sono applicate quotidianamente da decine di migliaia di psicologi in tutto il mondo. Studiare un poco di storia della psicologia, prima di pontificarvi sopra, non sarebbe una cattiva idea.
era ora!! quelli da tutelare sono più che altro i poveri pazienti che si rivolgono a figure professionali non formate adeguatamente e che non hanno alle spalle anni di studi psicologici. per fare questo mestiere sono necessarie delle competenze cliniche che solo un corso universitario può dare, nonchè anni di esperienza in questo campo
Sono molto contenta anche se….. vedremo….
Spero che i numerosi psicologi che da anni insegnano nelle
scuole di counselling abbiano deciso finalmente di dedicarsi agli
psicologi o semplicementi agli utenti che necessitano di cure psicologiche!!
Nulla da eccepire nel merito (la tutela dell’utente e la certificabilità dell’iter formativo del professionista). Tuttavia, per chiarezza comunicativa è bene dire che la sentenza non dice nulla della questione di merito (cioè, se il counselor commetta reati), né valuta nel merito la delibera oggetto del giudizio, perchè si tratta di sentenze (entrambe) meramente processuali. Cioè, affermano soltanto che l’Ordine ha piena facoltà di deliberare come vuole per tutelare la professione.
Il mio articolo dice quel che è, e rimanda agli atti ufficiali che sono linkati sotto. Più chiaro di così, non saprei essere!
è interessante leggere i commenti su questa vicenda. a me sembra effettivamente un accanimento legato alla mancanza di risorse. ci sono anche altri temi che scottano per gli psicologi, come per es il fatto che la facoltà di psicologia in alcuni atenei è stata inglobata sotto medicina (e con i medici se non erro anni fa qualche battaglia in corso c’era… ma adesso non ne sento più parlare da un pò).
@Ale, sono daccordo quando dici che ridurre il counseling ai soli psicologi non è giusto, ma in effetti l’idea che hai tu dello psicologo è un pò stereotipata. ci sono tanti approcci, diciamo che la questione più spinosa è che lo psicologo che non si forma post laurea ha poche competenze di colloquio, ma non penso che le nasconda dietro ai test.
Va da sé che gli ambiti di intervento di psicologi (formati solo nella teoria) e dei counselor (formato soprattutto nella pratica), non si distinguono bene. se non erro in francia il counseling è impiegato soprattutto nell’orientamento.
insomma, una regolamentazione ci vorrebbe, ma allo stesso tempo una forma di counseling per altre figure professionali (infermieri, medici, avvocati ecc) secondo me non andrebbe assolutamente esclusa, è una forma di comunicazione che può servire a migliorare le relazioni di molti, anche in ambiti che con la psicologia hanno poco a che fare.
Intervengo avendo anche io personalmente ricevuto l’email di Federico Zanon intitolata: “Confermata la storica sentenza: il Counseling è degli psicologi”.
La sentenza prima di tutto riguarda solo ed esclusivamente gli psicologi iscritti all’Ordine, poiché si fa riferimento al codice deontologico degli psicologi italiani, l’osservanza del quale è un preciso vincolo degli psicologi, non di altre categorie.
La sentenza non è una sentenza di merito, dunque non dice affatto chi può insegnare cosa, dice semplicemente che, da parte dell’Ordine della Lombardia, è stato formalmente corretto ribadire l’applicabilità dell’articolo 21 in sede disciplinare attraverso quella delibera. La sentenza infatti “dichiara la carenza di legittimazione attiva degli appellanti e delle parti intervenute nel giudizio d’appello”.
Questa sentenza non cambia di una virgola ciò che è sempre stato, ovvero il divieto – da parte degli psicologi – di insegnare “tecniche psicologiche a non psicologi”.
E qui sta il punto.
In oltre 20 anni di esistenza l’Ordine degli psicologi non ha mai definito quelle che secondo lui dovrebbero essere attività, tecniche e competenze riservate alla categoria, demandando tutto all’art. 1 della L. 56/89 (Ordinamento della professione di psicologo) che in sostanza dice che le attività psicologiche sono riservate agli psicologi.
L’unica sentenza che ha stabilito un punto fermo in questa direzione è una sentenza della Cassazione che ha sancito che la “somministrazione di test finalizzata alla selezione del personale” è riservata agli psicologi.
Peraltro già nel 1998 l’Antitrust aveva dichiarato illegittimo l’articolo 21 del codice deontologico degli psicologi, e l’allora presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) aveva preso l’impegno di modificarlo. Sono passati 14 anni, alcuni presidenti, e l’articolo non è stato cambiato di una virgola.
In sintesi nella sentenza non si dice che il Counseling è prerogativa degli psicologi.
Grazie per l’ospitalità.
Solo due considerazioni:
1) la sentenza del tribunale di Milano conferma la legittimità della delibera, oltre che la carenza di legittimazione degli appellanti. Questo ha dirette conseguenze sugli psicologi, perché stiamo parlando di una delibera che ribadisce e specifica gli ambiti di applicazione dell’articolo 21 del codice deontologico. Ma ha pure effetti indiretti sul mercato della formazione in materie direttamente riconducibili all’attività dello psicologo, tanto che in più punti si afferma che non è lecito insegnare cose che servono per fare lo psicologo ai non psicologi
2) l’antitrust nel 1998 non ha “dichiarato illegittimo l’articolo 21”, ha solo detto che la psicologia come corpus di conoscenze teoriche si può insegnare a tutti, ma non si possono insegnare le cose che servono per fare lo psicologo. Il nucleo della faccenda è tutto qui: nella sottile differenza fra:
a) raccontare ad un pubblico pagante come fa l’ingegnere a progettare un ponte
b) creare nel pubblico pagante (e consenziente) l’idea che attraverso quel corso potrà progettare ponti “come l’ingegnere, ma senza fare la trafila dell’ingegnere”. E’ questo inganno alla fede pubblica, che credo siamo tutti d’accordo sia opportuno combattere. O mi sbaglio?
daccordo… ma mi sembra che la strada sia ancora lunga, poco chiara a molti, per non dire ai più.
salve a tutti, non credo che questa sentenza riesca a mettere la parola fine ad una questione spinosa e assurda che si protrae da ormai troppo tempo, però almeno è un inizio. mi sembra che in tutto questo gli ordini degli psicologi siano risultati piuttosto deboli e poco organizzati. ritengo anche che stiamo pagando il prezzo di troppi anni di confusione e di “incursioni barbariche” all’interno della nostra professione da parte di tutta una schiera di personaggi poco chiari e, a volte, poco puliti. ciò ha contribuito a dare dello psicologo un’immagine distorta. è chiaro che oggi siamo noi i primi a dover avere una coscienza profonda di cosa significhi essere psicologi, ma ciò che temo di più è che, se di nuovo ci troviamo di fronte ad una dinamica in cui il primo venuto può usurpare il nostro ruolo, forse l’istituzione dell’ordine professionale non garantisce efficacemente la professione. grazie per l’attenzione
Bisognerebbe anzitutto che la Psicologia definisse il suo statuto epistemologico – se può farlo-, altrimenti è evidente che in una situazione così fluida la psicologia diventa evanescente e un nulla edificato a pseudoscienza. Quanto al counseling – l’ inglese puzza oramai di imbroglio, è come il latino di don Abbondio – non ha altra ragione di essere che rappresentare una fragile foglia di fico per coprire l’ esercizio abusivo della psicoterapia. D’ altronde anche sugli psicologi se ne sentono tante. Sarebbe meglio forse deregolare tutto e chi sa raccontarla meglio imbarca di più! Rendetevi conto ,quando vedete gli psicologi televisivi, come Crepet, la Parsi, Andreoli, e quello di Riza raccontare le solite ovvietà, di che cosa può pensare la gente circa l’ arcana sapienza dei vari psicopompi . Grazie comunque caro Zanon per il tuo pregevole sito e le informazioni che dai.