Proroghe dei contributi: il crollo del mulo.
Durante il lockdown, tutti gli enti di previdenza dei professionisti hanno chiesto di rimandare le scadenze dei versamenti, in qualche modo anche sollecitati dai Ministeri vigilanti (il tenore del carteggio di quei giorni era, più o meno: ‘cosa state facendo per sostenere i vostri iscritti?’).
Una delle azioni più ovvie è la proroga dei versamenti. È banale: se i professionisti si fermano per tre mesi avranno meno liquidità, rimandare le scadenze e non fargli pagare interessi è un aiuto più che concreto.
Nello stesso periodo, agli enti di previdenza è stato chiesto di erogare le indennità Covid-19 per conto dello Stato. ‘Tu li eroghi, io poi te li restituisco’.
Questi i patti, in estrema sintesi.
Oggi, a distanza di sei mesi, gli stessi Ministeri stanno bocciando le delibere di proroga dei versamenti, e stanno ritardando la restituzione delle erogazioni per le indennità Covid-19.
I primi a cadere sulle proroghe non approvate dai Ministeri sono stati i Consulenti del Lavoro.
Ma secondo questo articolo del Corriere Economia siamo solo all’inizio. > https://www.corriere.it/economia/professionisti/cards/ai-professionisti-niente-aiuti-costretti-versare-subito-contributi-previdenziali/pericolo-azzeramento_principale.shtml
ENPAP, Ente previdenziale degli psicologi, sta nel mezzo.
Da mesi aspettiamo l’approvazione delle proroghe dei versamenti.
E sul versante delle indennità covid, ci mancano 50 degli 80 milioni di euro che abbiamo anticipato.
Ormai arrivati a 20 giorni dalla scadenza dei versamenti a saldo del 1 ottobre, ancora stiamo aspettando l’approvazione ministeriale.
Per cui al momento abbiamo dovuto indicare ai nostri colleghi di non fare affidamento sulla proroga.
L’operazione complessiva sembra un loop spazio-temporale: i professionisti si sono anticipati le loro stesse indennità, per pagarsi i loro stessi contributi.
Con l’aggravante che alcuni sono cornuti e mazziati: esclusi dalle indennità pensionati, invalidi e professionisti con anche lavoro dipendente, colpiti alla pari di tutti dalla riduzione di lavoro, adesso potrebbero dover versare i contributi senza proroga.
Le titubanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze sulle proroghe sembrano risiedere in un problema di etichetta. Siccome i contributi previdenziali dei professionisti fanno parte del Bilancio dello Stato come voce di attivo, rimandare le scadenze significa creare un buco.
E se il bilancio dello Stato è più debole, non possiamo fare ulteriore debito per pagare le cose che tanto diamo per scontate: sanità, scuola, previdenza e assistenza sociale.
Confidiamo ovviamente tutti che la situazione si sbrogli. A volte, in Italia, ti resta solo il fatalismo.
Ma è chiaro che stiamo parlando di un tipo di incastro che va ben oltre noi, gli enti di previdenza, i Ministeri che vigilano.
Tutto questo è un segno di malattia del Paese. È la cifra di un modo politico e sociale di affrontare i problemi: l’assistenzialismo a debito.
È l’assistenzialismo a debito che permea la gestione del Paese nei periodi di ordinaria e straordinaria amministrazione, in salute e in malattia.
È l’assistenzialismo a debito che droga la coscienza sociale del Paese, creando legittimamente l’aspettativa diffusa che ciascuno di noi abbia il diritto sacro di ricevere la propria parte, a prescindere dalla sostenibilità.
E obbligando leve intere di decisori politici a reiterare lo stesso mefitico gioco.
Perlopiù, caricando debiti sulla schiena di qualunque mulo ci passi davanti. Fossero pure i nostri figli.
Salvo poi dover ritirare le armate quando l’ultimo va ad attingere al vaso della cassa comune, e lo trova vuoto.